>Secondo il rapporto il 57% dei 3,2 milioni di dipendenti pubblici italiani è altamente “esposto” all’impatto dell’IA nella propria attività , ovvero sarà interessato da una forte interazione tra le mansioni svolte e quelle che gli algoritmi sono in grado di svolgere. Questa interazione potrà tradursi in un arricchimento delle attività grazie all’apporto dell’IA, oppure in una sostituzione dei lavoratori.
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> Tra i lavoratori altamente esposti, gran parte (l’80%) potrebbe integrare l’intelligenza artificiale nel suo lavoro, ottenendo notevoli miglioramenti.
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> Ma c’è un 12% a rischio di sostituzione: sono vulnerabili ben 218mila dipendenti pubblici appartenenti alle professioni meno specializzate, caratterizzate da compiti ripetitivi e prevedibili che potrebbero essere facilmente svolti dall’intelligenza artificiale.
Wise_Stick9613 on
I miei due centesimi:
* prima di pensare “godo”, occorre un esame di coscienza: a me fa comodo che altri perdano il lavoro così si risparmia in tasse (già così è abbastanza egoista), ma non succederà lo stesso a me? D’altronde, in Occidente, il terziario è il settore più occupato
* mi pare difficile cavarsela pensando “tanto il lavoro si trasforma”: è arduo reinventarsi e stare al passo di una macchina, soprattutto raggiunta una certa età . Ma poi anche se si riuscisse a reinventarsi: chi lo assume il 50enne neoformato con 0 anni di esperienza?
Il problema dell’IA poi è che è un software, e quindi intrinsecamente sfuggevole. Questo secondo me vuol dire che è difficilmente regolabile e tassabile: ci vuole poco a spostarlo in qualche nazione più conveniente.
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>Secondo il rapporto il 57% dei 3,2 milioni di dipendenti pubblici italiani è altamente “esposto” all’impatto dell’IA nella propria attività , ovvero sarà interessato da una forte interazione tra le mansioni svolte e quelle che gli algoritmi sono in grado di svolgere. Questa interazione potrà tradursi in un arricchimento delle attività grazie all’apporto dell’IA, oppure in una sostituzione dei lavoratori.
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> Tra i lavoratori altamente esposti, gran parte (l’80%) potrebbe integrare l’intelligenza artificiale nel suo lavoro, ottenendo notevoli miglioramenti.
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> Ma c’è un 12% a rischio di sostituzione: sono vulnerabili ben 218mila dipendenti pubblici appartenenti alle professioni meno specializzate, caratterizzate da compiti ripetitivi e prevedibili che potrebbero essere facilmente svolti dall’intelligenza artificiale.
I miei due centesimi:
* prima di pensare “godo”, occorre un esame di coscienza: a me fa comodo che altri perdano il lavoro così si risparmia in tasse (già così è abbastanza egoista), ma non succederà lo stesso a me? D’altronde, in Occidente, il terziario è il settore più occupato
* mi pare difficile cavarsela pensando “tanto il lavoro si trasforma”: è arduo reinventarsi e stare al passo di una macchina, soprattutto raggiunta una certa età . Ma poi anche se si riuscisse a reinventarsi: chi lo assume il 50enne neoformato con 0 anni di esperienza?
Il problema dell’IA poi è che è un software, e quindi intrinsecamente sfuggevole. Questo secondo me vuol dire che è difficilmente regolabile e tassabile: ci vuole poco a spostarlo in qualche nazione più conveniente.